Giandomenico non è “qualcuno”. Né vuole esserlo. Ma accarezza l’idea di lasciare “qualcosa”: tracce. Vaghe, di sè. Attraverso quel linguaggio, quello della fotografia, che gli consente di esprimersi con immediatezza, semplicità e sintesi. Le sue foto non sono lui, o almeno non del tutto, ma, appunto, tracce, di sè. Con le quali esercita quella velleità semplicemente umana…di voler sopravvivere a sè stessi, magari lasciando qualcosa di bello…
Non fotografa il soggetto “come è”, ma come “lo vede” lui…con gli occhi della mente e del cuore. Di lui hanno scritto: “”l’occhio di Tolomeo cerca sempre, le foto analizzano il reale, ne sono testimonianza mutevole, sfuggente e sempre impressiva””.