Sara Fusaro
Si considera una persona semplice, in costante bilico tra il desiderio di autenticità e la complessità del mondo che la circonda. Non ha un colore preferito, una scelta che si riflette inevitabilmente nelle sue immagini. La curiosità è una costante nella sua vita quotidiana, nutre un amore profondo per l’arte in tutte le sue forme, e ammira sinceramente le persone che possiedono la capacità di eccellere in qualcosa, riconoscendo nel talento e nella dedizione una forma di bellezza rara e preziosa. Negli ultimi anni, oltre a coltivare i suoi studi, si è avvicinata con grande passione al mondo della fotografia. Inizialmente un semplice hobby, la fotografia è presto diventata parte integrante per osservare la sua personale realtà, offrendole una nuova prospettiva sulla fragilità e la complessità della bellezza. Grazie a questa nuova passione, ha compreso quanto sia facile distruggere la bellezza, un patrimonio prezioso minacciato dalla superficialità e dall’artificiosità della società contemporanea. Viviamo in un mondo di paradisi artificiali, dove il vero splendore spesso passa inosservato o viene sminuito. Proprio per questo, è convinta che uno degli obiettivi più difficili, ma anche più importanti, sia aiutare le persone a riscoprire la meraviglia, a saper riconoscere e difendere la bellezza autentica. Ritiene che il bianco e nero possieda un’essenza intimamente suggestiva, una dimensione che il colore, con la sua intensa immediatezza, non riesce a evocare. Osservando una fotografia in bianco e nero, si ha la sensazione di accedere in un mondo diverso, quasi surreale, dove la realtà viene filtrata e ridotta alla sua essenzialità. Questo gioco di luci e oscurità costringe l’osservatore a concentrarsi su forme, contrasti e ombre, offrendo uno spazio visivo più intimo, riflessivo, quasi malinconico. Ogni tono di grigio, ogni sfumatura, ogni bagliore diventa un’interpretazione soggettiva di ciò che è visibile. Susan Sontag affermava, «Nessuno ha mai scoperto la bruttezza tramite le fotografie. Ma molti hanno scoperto la bellezza». (Sontag, 2004) Una riflessione delicata, dove l’autrice cerca di delineare la grande polemica che si crea tra ciò che si riconosce come bello e ciò che viene giudicato come brutto. La bellezza non è dunque una qualità assoluta, ma anche un’oggetto marginale può, in qualche modo, trasmettere un sentimento.
Visualizzazione del risultato