Progetto Cadavre Exquis

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CADAVrE
EXQUIS

Cos’è il progetto CADAVRE EXQUIS ?

“Cadavre Exquis” è una nuova pubblicazione di Psicografici Editore. È dedicata alla promozione di testi creativi e originali.

Sebbene il titolo possa suggerire un’atmosfera macabra, il libro si basa su un gioco chiamato “Cadavre Exquis”, presente all’interno del movimento artistico surrealista, che prevede che ogni partecipante aggiunga una singola frase o parola a un breve testo, solitamente costituito da tre righe o massimo 150 parole.

 

“L’idea di trasformare il gioco in un vero e proprio libro è stata concepita per dare l’opportunità a tutti gli amanti della scrittura di esprimere la loro creatività e di contribuire a una raccolta di testi innovativa. Siamo certi che “Cadavre Exquis” sarà apprezzato non solo dai lettori appassionati di letteratura sperimentale, ma anche dai curiosi, e soprattutto da coloro che cercano un modo originale di esprimersi attraverso le parole.”

Invitiamo tutti coloro che vogliono far parte di questa avventura letteraria a partecipare e ad aggiungere la propria firma a questa interessante e innovativa pubblicazione. 

Che il gioco cominci...

...e che la magia surreale dei testi di “Cadavre Exquis” possa illuminare la vostra poetica interiore!

Questa è l'ultima frase inserita da un poeta sconosciuto. Continua da qui

frase
frase iniziale di prova test del cadavere squisito
che la frase di prova è giusta. E bumbete
Nel covo cadrò, e bambete mio soave comò
le cadavre exquis boira le vin nouveau («il cadavere squisito berrà il vino nuovo»).
Cavalca onde di sale e vento, ebbro di inconsistenza. Sventola ali di salsa, o era lo scricchiolio della porta?
Resta da attraversare il piccolo passaggio ai piedi della parete e presentarsi alle vecchie addormentate con tutta la sua enorme stazza ben levigata.
Le ali gialle macchiate in nero china si leggevano chiaramente sul bianco candore del muro. Non temeva di disturbare lo stesso paesaggio sottostante.
Aveva una spregiudicata noncuranza verso la sensibilità altrui. Io, che mi rammaricavo anche delle pieghe con cui sgualcisco il cuscino, lo invidiavo.
Mi chiedevo come facesse per non sentire, come lama affilata, la sofferenza altrui, infilarsi nella carne, dilaniare il filo sottile dell’anima.
Forse una forma di sadismo che era nata durante l’infanzia, o forse era il risultato della disillusione causata dell’ingresso nell’età adulta.
Può essere quello l’inghippo di chi è nato già vecchio? Gli adulti ricercano soffi di fanciullezza nelle piccole cose. Anni lievi mai vissuti…
Una strana e appagante nostalgia verso un’epoca lontana di cui non si ha più memoria. Come lucciole nella notte iniziano ad apparire alcuni ricordi.
Un volto di una donna, un bicchiere di vino, il suono di un pianoforte. Ricordi indelebili di una notte. Qualcuno ballava senza musica…
Un tango spettrale in una città senza nome e senza tempo. Tra una danza e l’altra qualcuno si ferma esalando il suo ultimo respiro…
Si accascia sul pavimento triste, inerme come una bambola di pezza gettata a terra da un bimbo capriccioso. Un grido riempie l’aria…
Non ripetere l’ultima frase! Non ripetere l’ultima frase! Non ripetere l’ultima frase! Erano tre gridi ormai, ma non riesce a smettere. Non ri…
Non riusciva a smettere. Era come se non fosse più padrone di se stesso. Strinse i pugni, si riempi’ i polmoni di aria.
Aprì la bocca per urlare di nuovo, ma si bloccò. Qualcuno lo spinse. Un altro lo superò. Mani su mani lo trascinarono via. Lontano.
Il buio, di fronte ad esso vi era. Grottesco, immenso, inesplorato, rumoroso. I suoi occhi, mille occhi, le grida. Voci strozzate, l’ignoto.
Non sapeva più chi fosse, dove fosse. Tremava, aveva paura persino a muovere un solo muscolo.
Scomposta, ogni parte del corpo in lotta con l’estremità più vicina, per dove si dovesse fuggire. Restava, l’intero, inerme di fronte all’abisso.
I muscoli tesi verso ogni direzione. Il cuore batteva così forte da sovverchiare ogni rumore e il pericolo era dietro l’angolo, ma quale?
Mentre il sangue pompava rumoroso nella testa, ed il pensiero razionale cedeva la sua supremazia, i sensi si assottigliavano e si facevano taglienti
Le pupille come aghi di spillo seguivano incessanti il moto delle lancette del metronomo posto sul pianoforte chiuso.
Quel ticchettio scandiva ogni attimo. E io lo sapevo che avrei dovuto fare qualcosa. Tic tac Il mondo continua ad andare avanti senza di te.
Scossi la testa attraversato da un brivido caldo, di quelli egoistici che ti fanno sentire impaurito e coraggioso allo stesso tempo.
Dovevo solo avanzare di un altro passo. Trattenni il più lungo dei respiri.
Mi immergo nel luogo di quelle tracce fragili e dinamiche alla ricerca di un’identità. Divento, in silenzio, custode della leggerezza del tempo.
Poi improvvisamente mi accorgo di essere scrutato. È un gatto nero. Il suo sguardo, con occhi sgranati, mi penetra fin nelle ossa.
Qualcosa avviene. La materia che mi compone, la materia che sono io, prende una decisione impossibile. Passa un secondo e mi ritrovo gatto.
“Le farfalle si trasformano in note musicali e danzano con le nuvole d’arcobaleno, mentre gli alberi sussurrano poesie all’ombra delle stelle.”
Le farfalle si trasformano in note musicali e danzano con le nuvole d’arcobaleno, mentre gli alberi sussurrano poesie all’ombra delle stelle.
Improvvisamente le mura degli occhi si spostano fino a rivelare che tutto si ritrova dentro una gabbia di vetro.
La tua bocca ansimante si svela come un fugace istante di fuoco e bramosia.
Non la vedo, la percepisco. Dolce suono, vento caldo, profumo d’anima.
Lo stomaco strilla e il suono dai polmoni oscilla, spegne fuochi lascia solo una scintilla che danza in spazi vuoti e mi ritrova sparso, gelido, arso.
È morto il tempo. Sono solo ore, squagliate al sole, buttate nella fornace della vita. È morto il tempo, se il tempo è vita, perché brucia?
Puoi fermarti. Puoi restare. Io non potevo mai fermarmi, dovevo camminare per avanzare. Sempre. Ma poi dove sto andando?
Koutsoupia
Ero pronto per andarci? Mi guardai attorno: stanza vuota, finestre socchiuse… e la sua collana appesa dal pomello della porta.
Da fuori il gelsomino accarezza delicatamente non solo il vetro della finestra, ma anche il mio naso, con dolce candore.
Ormai sono Gatto per sempre?
Si può essere tante cose, se non permanentemente in maniera altalenante, ma forse il tutto é niente… Eppure quel niente é tutta la nostra essenza.
Il canale grande fuma uno spiffero
Quando la torre cade, non solo scopriamo la nostra resistenza nascosta, ma possiamo anche ricostruire di nuovo..
Ricostruire di nuovo, come dopo il fuoco, come dopo la rinascita della Fenice, quando la cenere da vita a qualcosa di nuovo.
E ogni fiocco di cenere porta con sé esperienze, ricordi, momenti qui ed ora irripetibili.
Nell’eternità, ogni istante è una perla unica, una melodia irripetibile nell’infinito concerto del tempo.
Sembra un filo sottile che arriva fino al cielo e non si sa da dove parte e dove arriva, o forse è un anello; dovremmo entrare? La tentazione è forte!
Entrare si può, ma uscirne? Se dovesse chiudersi per sempre? Se invece portasse alla Luna? Non mi fido! Mollo tutto e mi butto da qui! Non mi seguite!
Voglio arrivare in un luogo sconosciuto, scappare da questa realtà maledetta. Se dovesse venirmi incontro la morte la accoglierò volentieri.
Lo fece, e mentre cadeva tutto intorno a lei prese a dissolversi, finchè immersa nel buio le sembrò di galleggiare nel nulla, dimenticando se stessa.
L’oblio le era familiare, un dolore noto, nel quale subito si ambientò. Il nero profondo le riempiva gli occhi e il fischio del vuoto si amplificò.
Aveva imparato ad entrare in questo vortice di nulla, in cui la realtà della prigionia rimaneva fuori dai confini della sua pelle, almeno per un po’.
Ci sono dei vuoti a perdere, spazi in cui gli attimi si dilatano, il tempo sembra scorrere con una velocità diversa e ora vivo questi momenti.
La sua coscienza inizia ad ascoltare di nuovo l’energia della sua esistenza, la sua mente torna a casa come dopo un viaggio quantico interiore
Gli occhi si aprono. I muscoli si tendono e il respiro riprende: ciò che aveva supposto essere solo un’ipotesi stava diventando beatamente vero.
Ma la morte è veramente beata?
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte?Noi ne vediamo solo il contorno, ma forse è proprio per questo che ci spaventa
Ma come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte? Noi ne vediamo solo il contorno e forse è per questo che ci spaventa tanto
Ma come facciamo a parlare di qualcosa che non conosciamo come la morte? Noi ne vediamo solo il contorno e forse è per questo che ci spaventa tanto
È come se fossimo di fronte a un abisso oscuro e profondo, un’incognita che si cela dietro il velo della vita. L’ignoto ci atterrisce.
Ecco il Mago apparirmi vicino, con la sua ampolla di fumi iridescenti. Cosa temi, giovane amico? la sua voce sicura e la sua presenza incantano…
….e nella penombra della mia stanza avverto un fruscìo che mi agita e incuriosisce al tempo stesso. In un attimo la curiosità vince su tutto ma….
madida serata di agosto, i fumi provenivano da me, tra alcool e tabacco
ma non me ne curavo. In testa avevo ancora la sua figura che lentamente si dissolveva con le prime luci del mattino. Il sollievo che provavo era
dolce e impietoso come le mattine d’inverno quando concedono ancora qualche minuto in più di penombra prima di strapparci dal tepore dei letti
E pensare ancora ad un sogno che si ripete di volta in volta quando appoggio la testa sul cuscino…un sogno che non sa di sogno ma che sa di vita.
Chiusi gli occhi per un instante, li riaprii e ormai erano passati anni. Non riconoscevo le rughe della mia mano. Ansia. Devo trovare la Bea! Corro.
Canal grande, fumi come un vecchio sigaro che brucia lentamente tra le dita di un pittore e ti perdi magicamente tra le case i ponti e le gondole.
Il silenzio delle tue idee inonda le pareti della mia mente liberando endorfine dorate e ludiche armonie.
Nel mondo, a noi la guida, destino ignoto, creiamo il percorso, il futuro è nostro.
Tutti per uno uno per tutti
La bella ragazza cantava una sconosciuta ninna nanna.
Le ricordava una nenia, le entrò dentro, le si rivoltò nel cuore e da lì non volle proprio più uscire.
Questo la portò a pensare al suo passato e al suo futuro, solo allora capì che non aveva mai vissuto il presente, non aveva mai vissuto la sua vita.
Ma infondo che cos’è la vita se non un gigantesco calderone che pian piano si riempie fino a strabordare, evaporando e rigenerandosi nuovamente.
Perciò era ormai giunto il momento di un cambiamento, una rinascita, e nulla gli apparve più sensato del fuoco. Doveva rinascere dal fuoco. Oggi.
Mutò se stesso, fisicamente e spiritualmente. Divenne la versione migliore di sé e consapevole del suo posto nel mondo. Solo una cosa andò storta.
Si spavento del terribile nuovo universo che scoprì. La verità, prima inesistente ai suoi occhi, incominciò ad essere palpabile, poi la paura.
Il profumo della nuova amante inebriava i suoi sensi di euforica novità e di terrore immobilizzante.
La sua vita, la sua anima il suo corpo rinacquero in un istante nuovo. La consapevolezza diventava lentamente la nuova forza e veleno al tempo.
Ciò che sin a quel momento gli sembrava tutto, concreto e appreso, in un istante divenne un coriandolo che volava via dai suoi piedi seminudi.Eccomi!
Il cuore rimbombava forte come un tamburo, il suo eco una sinfonia di dolci emozioni. Iniziai a scoprire l’infinita danza della vita.
Non sapevo perché mi trovassi in quel luogo, forse il mio era solo un tentativo di essere più vicino a quello che avrei desiderato diventare da grande
Una grande utopia questa vita. Si cerca di comprenderla, denudarla, disvelarne il segreto, ma si finisce per riempirla di pelli ed orpelli. Feticci.
Ma no importa ciò che si pensa a volte.Ci vuole un pò di sano distacco.Vivere a prescindere, per un istante,che sia abbastanza lungo per morire morire
Ma no importa ciò che si pensa a volte.Ci vuole un pò di sano distacco.Vivere a prescindere, per un istante,che sia abbastanza lungo per morire morire
Il resto non conta poi così tanto. Se sei cosi saggio, consapevole ed umile, non c’è nemico che possa insidiarti, perché tu sei la tua fortezza.
Inespugnabile tempio divino. Ma questo tu non lo sai, od almeno non ancora. Allora barcolli nel buio e nel terrore di questo momento, addio ti ripeti
…e continui a girarti, alla ricerca della via, della luce che possa portarti fuori da quella caverna. Eccoti, ma sei davvero tu? Non ti riconosci.
Fatichi a comprendere cosa sia successo. Ti giri ancora una volta ma non comprendi, ancora non ha ciò che ti serve per svelare il mistero. Cammina.Vai
E me ne andai turbato, ignaro del fatto che quella storia mi avrebbe ossessionato per i giorni a venire, persino in sogno
Infatti nel sogno mi venne a trovare. Era il ricordo di una storia non ancora vissuta. Ero nel mio giardino e c’erano i tre alberi maestri.
Chi ha sofferto davvero non infierisce mai, non calpesta, sta attento a tutto, osserva.Se può evita di ferire e se non può,preferisce ferire sé stesso
ma quella volta l’istinto prese il sopravvento e inarrestabile come la lama di un bulldozer, stanco di arretrare, recise di netto ogni compassione.
il calore della battaglia pervase subito il suo collo, le sue gambe divennero tese e l’addome duro come quel muro che aveva eretto. Su era pronti.
mai avrebbe pensato che sarebbe potuta iniziare, forse finire, così. ma nessun pentimento e invadeva il suo petto. Si era iniziata ormai la battaglia
: pensare oppure agire. Il sole stava sorgendo e una decisione andava presa alla svelta.
Le forze incominciavano ad affievolirsi, in quel torpore che segue la battaglia ed anticipa l’abbandono inesorabile dei sensi al riposo ancestrale.
In quel frangente i sensi si ottundono, la percezione si arrende al destino prossimo. Tutto rallenta, dolcemente accompagnandoti come le donne che ti
accolgono nell’harem della riscossa. Come se andassi in un macello senza avere la consapevolezza del proprio destino.
Dal soffitto pendevano strani candelabri e lungo il corridoio nel quale camminavo una potente luce mi colpiva da ambo le parti. Era come essere in una
astronave in viaggio nello spazio. Il silenzio era Di
un certo mario, al quale piaceva davvero tanto
andare a ballare il martedì sera. Non sempre però azzeccava i passi, anzi, il più delle volte
incespicava persino sulle parole tantabera la smania, la tensione, la vibrante festa nei muscoli di fare bene. Mentre era in sala cadde su uno sguardo
diverso da tutti gli altri: occhi vuoti come antichi laghi dimenticati. Quell’espressione mi si cucì addosso, come un abito su misura.
Per cena fissai assente mia moglie che ricambiava, incerta. – Che hai? A fatica sentivo il gusto della carne. Ero ovunque, tutto era connessione.
La tivù era spenta ma stranamente trasmetteva immagini di un bosco che sembrava familiare. Cosa guardi? Disse mia moglie. Niente. Risposi sottovoce.
Tornai agli alberi, tanto folti e possenti da impedire qualsiasi trapasso di luce, e tanto ipnotici da non permettermi di smettere di fissarli.
In passato avevo sentito parlare dei Deva, spiriti della natura, mio nonno raccontava che sono soliti apparire agli umani quando ne hanno più bisogno
E io ne avevo un disperato bisogno. Mi ero cacciata in una situazione che definire disperata non rendeva l’idea. Quella sera un Deva apparve.
Mi pareva di rotolare in un tumulo nero sbattendo sui resti dei miei sogni infranti, ma a un tratto fu come un’epifania.
Ai miei occhi lucenti ed emozionati, si rivelò il senso della mia esistenza insignificante e, a quel punto, seppi finalmente dove andare: da un amico.
Ai miei occhi lucenti ed emozionati, si rivelò il senso della mia esistenza insignificante e, a quel punto, seppi finalmente dove andare: da un amico.
Lui mi mostrò la sua vera essenza ed io compresi il mio profondo vivere, immersi in quel religioso silenzio che riempiva la stanza.
L’orologio ticchettava e il mio cuore batteva all’impazzata. Non sapevo cosa aspettarmi. Sapevo solo che eravamo nudi, senza più difese
o posti dove cercare riparo. Rassegnato, non riuscivo a staccare gli occhi dal suo corpo: se dovevo morire, volevo che fosse l’ultima cosa
Ad entrare nella mia testa occupata solo da accumuli di intenti che mi intralciavano. Avevo bisogno di canzoni stonate cantate a squarciagola, invece
Ma neppure per scherzo vorrei sapere cosa c’è in quella tua testa bacata.
Disse d’impulso senza guardarlo in faccia, aveva il terrore che se solo si fosse avvicinata un centimetro in più alla sua vita, ne sarebbe rimasta
totalmente dipendente. Prese quello che rimaneva di suo dal tavolo e corse alla porta senza dare alcuna spiegazione.
Sentiva l’atmosfera farsi pesante e la vista offuscarsi. Riconosceva i sintomi: precedevano sempre l’arrivo dell’Ombra. Chiuse gli occhi e attese
Si sentiva usato da lei e non solo da lei. L’inganno era subdolo e insolitamente sottile, la bottiglia sulla tavola era stata manomessa, ma da chi?
Sapeva soltanto che non era stata lei, ma qualcun’altro, qualcuno che ci avrebbe guadagnato qualcosa da tutto questo e lei ci avrebbe solo perso.
Mi disse, lui. Proprio lui? Non ci credo, sgranai gli occhi: possibile? Decisi di invitarlo alla prossima partita per saperne di più.
Commisi l’errore però di lasciargli scegliere il gioco, e così tutto ciò che ottenni furono numerosi “più quattro” ed un euforico “uno”!
Fino allo 0. A quel punto si sostituì nuovamente la vita al gioco. Ma ancora qualcunu voleva vincere.
Ma non essendo io una persona per nulla rancorosa, finita la partita lasciai tutte le carte sparse sul tavolo e me ne andai con una scusa.
Mi riavviai allora in spiaggia. Broccato sia o cristallo di Brema in questa sabbia? È un teschio. Uno Yorick qualsiasi non c’è da preoccuparsi.
Mi riavviai allora in spiaggia. Broccato sia o cristallo di Brema in questa sabbia? È un teschio. Uno Yorick qualsiasi non c’è da preoccuparsi.
Continuo a camminare scalzo con un pensiero che mi ronza in testa ma che non va mai a fuoco. Mi fermo e realizzo, quel Yorich non può che essere lui!
Mi precipito in biblioteca, il sangue che ribolle, il cuore in gola. Non vi era dubbio, quello che avevo visto era Yorich. Ma lo credevo morto.
Aveva gli occhi iniettati di sangue e il suo viso era cianotico. Respirava – vedevo il suo diaframma muoversi -, ma il resto di sé pareva un cadavere.
Eppure, chi sono io per poter definire cos’è la morte?
Un mistero avvolto in un velo di oscurità, potrebbe essere un luogo, un’esperienza, il nulla o magari un cambio di prospettiva. Non posso saperlo.
Ma potrei inventarlo, e spacciarlo per verità assoluta. Chi potrà accusarmi?
test test da cancellare
Ma potrei inventarlo, e spacciarlo per verità assoluta. Chi potrà accusarmi?
Però in fondo non sono mai stato così ipocrita, non sarei in grado di fingere chi non sono.
Però in fondo non sono mai stato così ipocrita, non sarei in grado di fingere chi non sono.
L’umanità risibile affiora dalle maggioranze.
qualunquiste e bigotte, sempre pronte a gettar fango sulle vite altrui, tronfie di arroganza e presunzione. Cos’è meglio? Ignorarle o combatterle?
Lasciarle a macerare nel proprio brodo di autoesaltazione effimera e ignorarle sperando di non incrociarle mai, oppure cercare uno scontro? Chissà.
Se avesse ignorato i suoi sentimenti, la sua storia con lei non sarebbe sopravvissuta. Era deciso. Doveva sapere.
Non era facile, neanche se fossero nati entrambi sullo stesso pianeta lo sarebbe stato. Forse lei aveva ragione sulla complessità dei sentimenti umani
anche perché mutano continuamente, sia i sentimenti che gli umani. Non che ne avesse conosciuti molti di umani lei, ma era sicura che
non sarebbe stata soggetta a quel tumultuoso cambiamento. Percepiva se stessa come etere che fluttua attraverso gli avvenimenti, leggera e distante ma
non poteva negare che tutto ciò che le accadeva attorno, in qualche modo, la colpisse, le provocasse una crepa dentro all’anima.
Una crepa invalicabile, quanto tutti gli sbagli che aveva commesso, che, forse, aveva scelto di commettere. “La vita è così noiosa”, pensò tra se.
Voglio renderla più vivace e piccante e decisi di cominciare a cogliere e godere di tutto ciò che mi era stato negato e che avevo accettato, cominciai
così a pensare cosa e come fare. Mi fermai a riflettere, osservando il fuoco scoppiettare e ascoltando il vento fuori casa.
Mi sono costruita così tanto da sola Che ora mi sento distrutta
Ma va bene così: preferisco distruggere che costruirmi a immagine e somiglianza della figlia che i miei genitori avrebbero voluto al mio posto.
Ma va bene così: preferisco distruggere che costruirmi a immagine e somiglianza della figlia che i miei genitori avrebbero voluto al mio posto.
“Distruggere” è l’unica cosa che posso fare. “Distruggermi” è fuori discussione, non è sul tavolo. Non più. A quello ci hanno già pensato loro.
Non sapeva nulla. E se glielo avessi chiesto non ti avrebbe risposto. Poteva solo scrivere. Le parole di sparpagliavano sul foglio, la penna guidava.
L’enorme pagina era ormai zeppa di scritte, disegni, ideogrammi. Non aveva senso, ma provando ad allontanarmi capii che formava una gigantesca mappa.
La mappa del mondo, con continenti sconosciuti. Più antica del primo uomo. Una mappa antica quanto il giardino dell’Eden.
…E perché l’avrebbe fatto? Era chiaro che mi avesse vista anche se non ci eravamo parlati. Aveva percepito la mia presenza eppure…Quel gesto…perché?
Possibile che sapesse già quello che era successo tra me e Viola? No, Lucia non poteva aver parlato. Che fosse stata la ghostwriter a tradirmi?
Ogni passo portava a nuove domande, rendendo il cammino un’odissea di rivelazioni e intrighi da decifrare.
Poteva scegliere: andare avanti, cercare le risposte, ma procedere a tentoni. Oppure restare fermo, nella propria comfort zone, ma senza risposte.
E che sarebbe successo? Era perso in un mare di dubbi. Di chi era la colpa? Decise che era il momento di prendere in mano la situazione.
Si alzò dalla poltrona su cui era rimasto a pensare, s’infilò le chiavi dell’auto in tasca e si chiuse la porta di casa alle spalle. Doveva parlarle.
Salì in auto per dirigersi a casa di lei, dovevano assolutamente chiarire e chiudere quella storia. Non poteva vivere attanagliato dall’angoscia.
Dal nulla apparve una sorta di luce invisibile: rischiarava senza illuminare. Mi sentii riscaldato ed, in qualche modo, in armonia con ogni cosa.
Mi sentivo finalmente fiducioso. In un tratto poteva svanire tutto ciò che in torno c’era di negativo. Se solo fosse stato reale… Ma poi…
comprendo che la realtà non è altro che l’illusione di un mondo che noi sogniamo da sempre, non riuscendo a rendere reale ciò che è finzione…
Tutto cambiò. D’un solo tratto, la fiducia che mi pareva tangibile si sgretolò, lasciando lo spazio solo ad un’ombra chiara come le tenebre. La sua.
Pensavo di conoscerla. Ora il suo volto mi appariva come coperto da una coltre di nebbia. L’avevo persa. No, era stata lei a perdere me.
Selva rinomata dalla ingorda paura,temibile dall’ apparenza scongiura. L’ intestino suo sommerso dalle farfalle d’amore
promise che avrebbe dato una risposta a ogni domanda per non restare più solo, ma quando ritornò lo era ancora
Credo, in qualche modo, che siamo tutti più soli se non abbiamo accanto noi stessi, è necessario farsi compagnia
L’ineluttabile accettazione di sé è la prima ed ineguagliabile forma di amore capace di smuovere un universo intero.
Eppure è così facile perdersi nei propri buchi neri, nella forza di gravità che ci spinge verso il basso
Disegno a matita i contorni del mio cuore e lo sfumo un po’, quel che basta per farlo confondere con il bianco del foglio su cui è poggiato.
Poi mi guardo intorno e cerco le matite per colorarlo ma sono costretto ad alzarmi dalla sedia per iniziare la caccia al tesoro in casa.
Tutte le superfici che mi circondano sono ricoperte da oggetti inutili, che hanno perso la loro funzione, mantenendo solo quella di ricordi.
Nel ricordo siamo liberi. Quella libertà che la memoria agogna per dare leggerezza al cuore.
Inutile guardarsi indietro. Non puoi riavere ciò che hai perso. Eppure è così maledettamente difficile lasciare andare!
Disse Giulia, ma non era più affar suo ormai. Tutti stavano dalla sua parte.
Eppure intuiva un qualcosa, che ancora non riusciva a definire in modo chiaro, che non la convinceva affatto.
Quel sentimento che ti trattiene, quell’incertezza prima ancora che si trasformi in timore. Il momento in cui si genera il dubbio.
Asdrubalde cucino i fagioli mentre i figli giocavano con i transformers con gli amici di un paguro annoiato che passava col rosso perché era daltonico
Nulla era come sembrava, tutto appariva simile ad un sogno allucinato. Neanche la realtà più prossima poteva sperare di calmare la sua mente nebbiosa.
Si era svegliata in una casa che non era la sua. Che non era nemmeno una casa, a dire il vero.
Ancora stralunato, fece qualche passo indietro. Il cuore sembrò fermarglisi in gola. ‘Avrei potuto fare qualcosa’ pensò e in sacro silenzio pregò.
Ognuno di noi scivolava sul filo del rasoio. Tutti pronti a sfregiarsi senza farci caso. Chissà chi ci aspetta, tra la cicatrice e la setticemia.
Avvolti nelle nostre bende imbevute di prudenza e coraggio, andiamo avanti, uno dietro l’altro, spingendo e trattenendo il braccio davanti a noi.
Il buio si stringeva attorno a noi con la forza di un mal di testa non curato, finché non fu trovata una porta. Dove avrebbe condotto? Al fine parlai.
Le mie parole risuonarono nella stanza vuota, gli altri rimasero in ascolto eppure non ci furono domande o azioni. Restammo fermi ad aspettare.
Inermi, ad attendere lo scorrere lento ed inesorabile del tempo che ineluttabilmente scivola via. Senza mai procrastinare, ma assaporando ogni attimo
Ad un tratto lei superò tutti e si avvicinò a me. Mi fissò dritto negli occhi. Lo sguardo vitreo e senza proferire parola se ne andò via. Lasciandomi.
Rimasi li sospeso tra cielo e terra per un tempo infinito, a contemplare il sordo silenzio che lascia un amore spezzato prima di poter nascere.
Ogni qualvolta penso quel giorno che ti ho visto . sembravi come se fossi girasole si gira verso il sole mi hai illuminato della tua bellezza.
Alla fine, il dubbio che permane è se tutto il tuo eterno penare sia valso qualcosa o se sia solo una vagare confuso, nella nebbia fitta della paura.
Nonostante tutto, voglio che ti ricordi che vagare insieme fa meno paura. Avrai sempre me, qualunque sia la tua strada.
Tu mi hai fatto sentire che cos’è davvero l’Amore. Per questo ti ringrazio; nel mio cuore avrai sempre una casa, e se vorrai tornare, io sarò qui.
Oh, sì, sarebbe stato meglio non dirlo, ma le parole uscite dalla bocca non possono tornare indietro: e perché farle tornare indietro se sono vere?
Oh, sì, sarebbe stato meglio non dirlo, ma le parole uscite dalla bocca non possono tornare indietro: e perché farle tornare indietro se sono vere?
In fondo, meglio una dura verità che una patetica bugia. E poi, la sua faccia avrebbe parlato da sola.
Stava mentendo. Mentivano i suoi occhi, la sua bocca, il suo naso persino tra i suoi denti si poteva vedere la menzogna trapelare. Non avevo dubbi
Ma lui? Mi avrebbe creduto? Questo era l’obiettivo: una bugia in cui credere. Tutto sarebbe stato più semplice.Lui lo sa e mi fa cenno di sì col capo
Così pulita che piangeva bolle di sapone
Allo stesso modo, così sporca nell’animo da piangere lacrime color petrolio.
Lacrime nere come quelle versate da una delle tante madonne che si trovano in quei paesini del Portogallo settentrionale. Com’è la loro anima?
Miscugli che non formano nemmeno un colore che può essere definito tale. È questo che sono: sfumature. Un tempo colori vividi, ora colori sbiaditi.
Miscugli che non formano nemmeno un colore che può essere definito tale. È questo che sono: sfumature. Un tempo colori vividi, ora colori sbiaditi.
Come il mondo visto attraverso la pioggia fitta. Un paesaggio onirico ma tremendamente reale.
Davanti a me l’intera mia vita fatta di minuscoli gesti quotidiani come gocce a formare l’oceano della mia stessa esistenza.
Davanti a me l’intera mia vita fatta di minuscoli gesti quotidiani come gocce a formare l’oceano della mia stessa esistenza.
Bere il caffè ogni mattina, portare fuori il cane, andare a lavoro e tornare a casa: in un giorno potevi conoscermi e definirmi completamente.
Sapevo perfino chi avrei incontrato al parco, cosa avremmo detto. Era il giorno dell’Ing. Rossi: avrebbe risposto al mio saluto con un grugnito.
Il caldo è afoso, camminando lungo la strada mi viene da pensare “ma chi me l’ha fatto fare?” Guardo gli uccellini che volano e cerco di immedesimarmi
Proseguo con le mani in tasca e la testa bassa, a cercare di capire se è la cosa giusta. Non lo vedo arrivare, se non quando è troppo tardi
. In carcere avevo letto tanti di quei Taccuini Airone da farmici una cultura, di passeriformi. Ogni tanto, però, qualcuna di quelle pagine spariva:
Volando sopra i tetti della mia Berlino in fiamme mi ero finalmente resa conto di una indissolubile verità: il mio compito era uccidere il comandante.
che volassero via come il loro contenuto? Le immaginavo, cartacee e volatili, librarsi oltre le sbarre che tenevano me prigioniero. Parole al vento.
Come piccoli messaggeri, si diffondevano nell’aria, raggiungendo le orecchie di chiunque le avesse ascoltate.
Parole che forse non sarebbero mai arrivate alle orecchie per cui le sussurravo. Ma nella mia gabbia esistenziale, cosa mi rimaneva se non le parole?
Forse la speranza che quelle parole un giorno sarebbero risuonate nel cuore di chi le ascoltava e il desiderio di non mollare quello che avevo fatto
Imperterrito proseguì il suo cammino, lasciando sopiti il senso di colpa e il grande dubbio che lo attanagliava.
Non sapeva ancora che quella colpa, digrignando i denti come un cane rabbioso, avrebbe impedito a chiunque, per sempre, di penetrare nella sua anima.
Non sapeva ancora che quella colpa, digrignando i denti come un cane rabbioso, avrebbe impedito a chiunque, per sempre, di penetrare nella sua anima.
O forse vevo bisogno di cercare le stelle dove non c’erano. Avevo bisogno di confondermi tra le tenebre, sperando di poter tornare alla luce.
Siamo tutti uguali, pensiamo tutti le stesse cose, viviamo tutti negli stessi posti. Siamo umani, e non siamo mai stati così felici
Felici di viverci la nostra quotidianità. Di condividerla. E di rivederci in quelle piccole cose che ci fanno dimenticare tutto il male che imperversa
Nonostante ciò, ancora molta strada ci aspettava davanti. Sentieri sconosciuti e impervi e strade lastricate, superabili solo insieme.
Eppure, per chi era sempre stato abituato a camminare da solo, era difficile abbandonarsi alla compagnia di qualcun altro senza guardarsi le spalle.
Per questo disse “fermiamoci” e si sedettero lungo la strada a raccontarsi tutte quelle cose avevano sempre avuto paura di dire alle altre persone
Una strana elettricità crepitava fra loro.Poi lui,senza distogliere mai lo sguardo,mormorò:-In tutte le vite che ho vissuto e i secoli che ho visto…
tu sei sempre stata lì con me. Ogni giorno, sempre. Anche quando non sentivo il tuo respiro accanto a me. Sei sempre stata lì, con me.
Non ho mai incontrato un essere cosi fatale e affascinante, tu. La tua anima è stata generata da un angelo caduto e pregna di tormenti e amori spezzat
Non ho mai avuto così tanta paura”. Un cupo rintocco di campane rimbombò nell’aria nel momento esatto in cui i loro corpi si sfiorarono, suscitando
Non ho mai avuto così tanta paura”. Un cupo rintocco di campane rimbombò nell’aria nel momento esatto in cui i loro corpi si sfiorarono, suscitando
Non ho mai avuto così tanta paura”. Un cupo rintocco di campane rimbombò nell’aria nel momento esatto in cui i loro corpi si sfiorarono, suscitando
così una reazione che aveva qualcosa di magico, sembrava quasi che si stessero fondendo in un unico essere,
Ci sono cose che la sera, prima di addormentarci, lasciamo sul comodino; come un bicchiere d’acqua, un libro, una lacrima e una tiara di brillanti.
Poi chiudiamo gli occhi. Il buio ci attraversa e diventiamo ciechi. Non sentiamo più niente. Il silenzio ci rende sordi. Urliamo, soffocando in sogno.
Il vento, lentamente, comincia ad accarezzarci la pelle. Fa freddo, lo possiamo sentire. Sarà dura, ma la consapevolezza è che qui e ora, siamo vivi.
Rumore di passi, luce che illumina i nostri volti. La paura si é allontanata dalla mia mente. E ripeto in continuazione la parola positività…
Gioia nelle mie mani e nei miei passi… così finisce la serata. Il mattino bussó felice alla finestra. L’alba con le sue mille sfumature mi confuse …
Ogni alba porta con sé l’ardente bramosia di scoprire cosa il nuovo dì donerà.
Ma poi mi volto e penso al mare che accoglie e rigetta il sole un po’ come noi umani su questa terra che nasciamo e muomorti alla ricerca di un senso
ricordo che avevo una capanna, alla sinistra del mio petto. Ti ho fatto entrare per ripararti, ma ora non riconosco più il suo aspetto.
Hai appeso alle pareti quegli orrendi quadri di tua zia, maledetta! Maledetta! Riprenditi le tue nature morte e restituiscimi le chiavi di casa.
Cominciava comunque a prendere coscienza che oramai le sue erano parole vuote, vani sforzi di tentare soltanto di cambiare la situazione.
E ora lasciami libero! Allontanati da me e dalla mia vita e non farti più vedere. Capito! Sei una pazza! Perché ti ho incontrato quel giorno in centro
Spalanco la finestra del mio balcone, un profumo di agrumi mi inebria e finalmente respiro, un signore sul selciato mi saluta reverente con un inchino
Chi era? Cosa ci faceva qui? Feci per chiederglielo ma in un batter d’occhio vidi la figura dileguarsi nel nulla sotto i miei occhi, come per magia
Decisi di raccontare tutto a, Clelia, la mia amica. Provai a chiamarla, ma il cellulare non funzionava.
Una sensazione di intorpidimento ora attraversava il mio corpo da capo a piedi. La mia immaginazione mi stava ingannando? Cosa mi stava accadendo?
Pensavo solo a come risolvermi. Come risolvere la cosa. Sapevo che i miei problemi erano causati da qualche trauma passato, ma non ricordavo la radice
Ricordavo solo la fontana, che si ostinava a comparirmi così spesso in sogno. Sogni in cui io ero piccola piccola ed ero in giro di notte. Da sola.
Continuai a ricordare il sogno. Non ero sola, c’era un’ombra accanto a me. Si faceva sempre più grande fino a che tutto si offuscò in un lampo.
Tutto è nero. Sento il sapore della salsedine e ho le mani nella sabbia bagnata. Il vento si alza e l’acqua mi travolge, scendendo giù nella gola.
Mi sembra di soffocare, ma è solo un attimo…il gelo dell’acqua mi riporta alla realtà. Un pensiero improvviso mi attraversa la mente, un ricordo o …
Amo scrivere, ho scritto due libri e sto scrivendo il terzo. Mi stanno molto a cuore i temi della salute mentale, in particolare modo la psichiatria.
Mi hanno diagnosticato la depressione ed ho accennato un leggero sorriso. Sarei stupita del contrario. Troppa è la sensibilità che mi contraddistingue
e la gente sembra non entrare mai abbastanza in sintonia con me per conoscere questo lato del mio carattere. Sono sola. Depressa e sola.
Forse è solo uno stupido scherzo del fato, la solitudine che provo in mezzo a migliaia di persone, destinata a questa angoscia e tristezza persistente
“Guardati attorno” pensai “Nessuno di noi è perfetto. Ogniuno di noi è piccolo disastro per qualcuno incredibilmente facile da amare”.
Quando lo conobbi, fu come incrociare lo sguardo con un passante e pensare “ma quello non era…”; e allora ti giri indietro. Ma è già sparito.
Ora dopo anni se lo incontro,per un secondo torniamo ad essere noi,i ragazzi di quell’amore non corrisposto,che poi è diventato tutta un’altra storia.
È come se il tempo si fosse fermato; il nostro amore impossibile si rivela negli occhi della donna che sta per sposare.Ma le sue lettere mi uccidono.
Getto tra le fiamme del camino tutta la nostra corrispondenza, spalanco il portone di casa e corro come un forsennato verso la chiesa del paese.
Percorro tutta la navata, arrivo all’ altare prendo un violoncello ed inizio a suonare
Non mi ero accorto che lì,in fondo a sinistra della navata,c’era una spettatrice,cappotto rosso e riccioli castani che cadevano morbidi sulle spalle.
La donna era intenta a guardare tutt’intorno: osservava le statue con una minuzia da scultrice e se le figurava animate e protagoniste di un racconto.
Aveva sempre amato l’arte, la capacità di guardare oltre il banale, oltre l’ordinario.
E tuttavia in quel momento si sentiva fuori luogo, senza un’interpretazione da dare. In fondo al suo cuore sapeva perché, non voleva ammetterlo.
Nonostante ciò, scelse coraggiosamente di affrontare la situazione. Prima, però, doveva essere sicuro di fare chiarezza con se stesso.
L’unico modo era tornare sui suoi passi, tornare alle sue radici, tornare a casa. La terra natia che tanto aveva odiato: ora era l’unica sua salvezza.
Ritornare a casa, rivedere quei luoghi che tanto gli incutevano tormento e ansia. Il retaggio che si portava dietro era troppo ingombrante. Era ora di
darsi una mossa. Raggiunse la sua camera: era rimasta come la ricordava. Olf si era limitato a spolverarla di tanto in tanto. Si meravigliò della sua
Ma si sa che rimembrar il passato mai a nulla a portato. Con una lacrima sul viso, qui lo scrivo per inciso. Avanti bisogna andare, avanti e volare
Con ali bianche, lasciarsi trasportare, dal dolce e amaro tempo di questa vita. Perché lei continuerà a fluire dentro di te, fino alla fine.
Ma dove troverò questo futuro di cui tanto parlano? Poiché se vivere significa cogliere l’attimo, ciò che verrà dopo conta. Lascerò la mia impronta?
Come un vicino di posto troppo invadente, osserverà i tuoi passi fino a quando non sarai sceso alla prossima fermata.
Appese il cappotto grondante alla maniglia della porta d’ingresso; l’acqua prese a stillare dai suoi orli sullo zerbino a piccole gocce regolari.
O il tempo, come le onde del mare, cancellerà ogni cosa? Ed io sarò entrata e uscita da questa vita come una comparsa anonima in un film.
Perché non esiste niente che rimanga eterno, neppure tu e tanto meno io.
Forse, come le onde del mare avanzano e si ritirano, anche il tempo si dilata e si contrae in un costante pulsare, in cui insinuarmi come una ladra.
Forse, come le onde del mare avanzano e si ritirano, anche il tempo si dilata e si contrae in un costante pulsare, in cui insinuarmi come una ladra.
Così disse la papera parlante mentre volava via. Queste parole mi rifrullarono in testa per anni, ma era arrivato il momento di andare oltre.
Mi svegliai in un letto pieno di demoni.
E di tutte le cose che avevo dimenticato, ce n’era una che ancora mi ricordavo: un ricordo parlante.
E, d’improvviso, osservando quel minuscolo passero intento a lasciare il nido per la prima volta, realizzò di aver sprecato la sua intera vita.
Nel mentre riflettevo sul da farsi, delle nuvole scorrevano riflesse nello stagno. Ero rimasta lì, immobile per molto tempo, a cercare una forma.
Poi, all’improvviso, i pensieri cominciarono a legarsi l’uno all’altro, come tanti piccoli tasselli colorati del mosaico di una mente meno confusa.
E rivolto verso lo specchio notai il mio sguardo corrugato dato anche da un senso d’ansia, sarà per via della decisione che avrei dovuto prendere
Al solo pensiero sentii il mio cuore battere all’impazzata, chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, quando, qualcuno bussò alla porta
Poi capii che tutto ciò che qualsiasi decisione avrei preso, sarebbe stata quella giusta.
Così presi la penna multicolore e cominciai a scrivere. Ogni rigo un colore, ogni colore un’idea: caldi fantasiosa, freddi realistica. Semplicemente.
E così scelsi di ascoltare l’istinto, anche se la parte più razionale di me non si sarebbe mai data pace per questa scelta.
La via è questa: la ragione è inadatta all’ineffabilità della fede. Serve l’educazione dell’anima: la turbolenta cascata diventa un placido lago.
La via è questa: la ragione è inadatta all’ineffabilità della fede. Serve l’educazione dell’anima: la turbolenta cascata diventa un placido lago.
Pensavo queste parole mentre mi incamminavo per la Basilica. Nel silenzio, ogni passo risuonava in me, come un eco di consapevolezza.
Solo così si possono calmare le increspature, i moti ondosi e riuscire a governare il più inatteso dei turbinii. Nell’anima e per l’anima.
Tuttavia bisogna ricordare che ogni forte tempesta porta con sè non solo disperazione e dolore, ma anche un’ineguagliabile maestosità.
Sulla strada verso casa, un gatto nero appare e scompare all’improvviso, come un fugace pensiero. Mi chiedo se l’ho visto davvero…
O forse è solo frutto della mia immaginazione. Il buio a volte gioca brutti scherzi. E poi sono stanco. Sì, sicuramente è così: l’ho immaginato.
E lentamente un pensiero si fa strada nella mia mente: sto scivolando nell’oblio della follia o semplicemente il buio mi inganna la vista?
E lentamente un pensiero si fa strada nella mia mente: sto scivolando nell’oblio della follia o semplicemente il buio mi inganna la vista?
Ma non c’è buio tanto cupo da poter oscurare la vista di un folle. Non c’è oblio nella follia ma solo visione differente. E allora sono un folle!
Distratto da quell’insolito avvenimento ed immerso nei miei pensieri, però, mi accorgo solo dopo delle gocce che mi cadono addosso. Perfetto, piove.
Tempo migliore per vederti sparire come in un effimero istante eterno. Tempo migliore per vedermi sparire come in un effimero istante eterno.
Il vento che soffia al tramonto allontana le frenesie della giornata e lascia la mente sgombra, libera di pensare ancora a te, a noi.
È il tempo del silenzio, dove ancora una volta cercare scampoli di ragioni non dette. Chissà perché, mi chiederò. E poi ti lascerò andare. Via.
Nell’oscurità, cercando me stessa a tentoni,in un gioco di sensazioni, emozioni,assaporando nuovi vecchi piaceri,alla scoperta di ciò che sarà, sarò
Stata una brutta gatta da pelare per alcuni di voi babbei. Ciò nonostante vi ho davvero amati entrambi, come si può amare uno scroto bucato! Miseria è
amarne due e non vedere ricambiato il più misero dei sentimenti. Ma come può essersi ridotto un uomo come me a dialogare col proprio scroto. Chino su
amarne due e non vedere ricambiato il più misero dei sentimenti. Ma come può essersi ridotto un uomo come me a dialogare col proprio scroto. Chino su
Che non abbia mai dimenticato quella notte d’ottobre nella quale sono stata spinta giù all’inferno. Infelice, io, a pretendere di più da due come voi
Che avete approfittato della mia incoscienza e immaturità. Coi non avete avuto la certezza di chiedermi come stavo. Ve ne siete andati lasciandomi lì.
Non capivo perché ma in fondo lo sapevo, era ciò che speravo perché è così che me sono liberato. Finalmente.
Speravo nella delusione più profonda, quella che ti cambia il modo di guardare una persona. Sapevo che era l’unico modo per tornare a respirare.
Decisi così di seguire l’istinto e tentare di lasciarmi sprofondare tra un mix di beata malinconia e triste speranza.
Decisi così di seguire l’istinto e tentare di lasciarmi sprofondare tra un mix di beata malinconia e triste speranza.
Mi chiedi se avessi più rimpianti o più rimorsi. E decisi di non rispondermi.
Sono stato soffocato da entrambi fino a logorarmi l’anima e spegnere qualsiasi sentimento. L’amavo e non potevo salvarla.
Altro non sono che un fantasma svuotato, così leggero da non riuscire nemmeno a infestare sé stesso.
Però mi sento leggero, libero di volare e osservare tutto dall’alto, dove ogni cosa sembra piccola e insignificante.
Planando tra le nuvole, mi libero dal peso del mondo, mentre l’immensità mi avvolge, rendendo effimere le mie ansie terrene.
Assaporo l’aria, percependo note di libertà che mi trasportano altrove. Ci sono solo io, nel silenzio della mia anima e nella melodia del mio cuore.
Con la mente mi ritrovo a correre attraverso i corridoi della mia infanzia, quando ancora sapevo stupirmi per ogni piccola meraviglia.
Poi vidi il cielo delle mie certezze cadere, sgretolarsi in mille pezzi, taglienti ed aguzzi, pronti a solcarmi la mente in modo irreparabibe.
Iniziai a fissare il vuoto, come se la causa del mio improvviso malessere non fosse lì, davanti a me. Come se fosse diventata invisibile o scomparsa.
Cos’è il tempo se non la vita libera dall’incasellamento? Ho freddo, il sangue è defluito in quella tenerezza cristallizzata tra le sinapsi.
Resto immobile a guardare il cielo sopra di me: i nuvoloni prendono forme strane. D’improvviso mi tiro a sedere, ma il mio corpo resta steso a terra.
Questa è una di quelle notti in cui le domande ti frullano in testa e non riesci a darti una risposta tanto da perderci il sonno
Questa è una di quelle notti in cui le domande ti frullano in testa e non riesci a darti una risposta tanto da perderci il sonno
Questa è una di quelle notti in cui le domande ti frullano in testa e non riesci a darti una risposta tanto da perderci il sonno
Perché io di domande ne avevo tante e ultimamente non me le pongo più perché preferisco costruire qualcosa di nuovo piuttosto che attaccarmi
al passato. Ma io di cose , in sospeso ne ho lasciate talmente tante che non mi basterebbe una vita intera per rimediare.
Questa è una di quelle notti in cui un abbraccio sincero, di quelli intensi serve a curarti ogni piccolo graffio sul cuore.
Questa è una di quelle notti che vorrei avere te e solo te per parlare ancora e ancora fino a quando non finisci anche le parole
Se sono arrivata a questo punto è per colpa mia immagino, ma non perché io non abbia lottato. È perché ho seguito i valori morali che mi sono stati
Inculcati nel cervello fin da bambina. “ devi essere brava” mi ripetevano mentre respingevo qualsiasi impulso e desiderio per essere la donna
Inculcati nel cervello fin da bambina. “ devi essere brava” mi ripetevano mentre respingevo qualsiasi impulso e desiderio per essere la donna
sarei diventata e frattempo in mezzo al quel deserto che era la mia vita trovai la musica. Due semplici accordi con il giusto ritmo possono lenire
L’ angoscia che ti stritola il cuore fino a farlo urlare di dolore. Riesci a sentire che il mio cuore perde battiti?
L’ angoscia che ti stritola il cuore fino a farlo urlare di dolore. Riesci a sentire che il mio cuore perde battiti?
L’ angoscia che ti stritola il cuore fino a farlo urlare di dolore. Riesci a sentire che il mio cuore perde battiti?
Non è un battito normale, forse troppo lento. Forse batte lo stretto necessario per sopravvivere.
Si dice che il cuore sia un oceano di sentimenti e desideri. Il mio,somigliava a un deserto disseminato di cocci taglienti come vetri
Avevo passato una vita intera rimettere a posto il mio cuore affranto e quando per la prima volta lo vedi , lì nella luce del tramonto
Avvolto da mille soli e sfumature con quei biondi come il miele e quella pelle bianca dai lineamenti perfetti , pensai che fosse solo un’ altra
Allucinazione. Il mio corpo fu attraversato da un fremito e riconobbi quella sensazione estranea con paura io che di amore, avevo letto solo nei libri
Camminavo per le strade o sedevo ai bar, da sola, non capacitandomi di come improvvisamente mi fu levato tutto. Ora l’unica cosa che avevo, ero io.
Sentivo dentro di me tamburi rullare , un cuore pieno d’Amore, avevo ancora il ricordo di Lui… nonostante fossi sola, era sempre, ovunque.
Nella mente si faceva largo il vuoto, un nulla che annichiliva ogni sensazione, ogni pensiero. Rimaneva solo quell’amore, quell’unica luce distante.
In quella strana inquietudine che smuoveva la mia anima spenta , provai qualcosa che mi era sempre stato estraneo
I miei ricordi da bambina erano ancora vividi, ero sempre stata trasparente e incomprensibile. I miei occhi lucidi trasparivano i sentimenti
I miei ricordi da bambina erano ancora vividi, ero sempre stata trasparente e incomprensibile. I miei occhi lucidi trasparivano i sentimenti
Il mio cuore galoppava come un folle nel mio torace ormai vuoto. Temevo che la sua corsa potesse essere udita da altri. Avevo paura potessero vedermi.
Avrei voluto,che qualcun altro fosse in grado di cogliere quello che provavo e quando nessuno era in grado di guardarmi dentro allora chiudevo gli
Occhi , li stringevo così forte da farmi male. Volevo solo scacciare quegli sguardi pieni di compassione che rifiutavo con tutta me stessa
In quei momenti quando tutto il mondo intorno a me sembra rifiutarmi mi aggrappavano all’unico amico che avessi mai avuto. Un vecchio pianoforte
A mur, mi evocava la meraviglia di note e accordi susseguirsi in maniera lenta e decisa sotto abili mani bianche da bambina.
Mia nonna era sempre stata una donna dolce e gentile e con tutti, amava l’arte e la musica e quel sapere che vibrava sui quei tasti bianchi
Era merito suo. Ricordavo tutti quei pomeriggi trascorsi insieme, la sua voce dolce e le mani sottili e morbide che mi insegnavano quei suoni pieni
E a tratti malinconici che riempivano il salone di un aura intima e pregna di vita. “ La musica, quando ti sentirai sola, sarà un’ottima amica”
mi ripeteva sempre. In lei riuscivo a scorgere quell’amore che non riuscivo mai a trovare negli occhi di mamma sempre composta e concisa.
Lei che al contrario di chiunque altro , riusciva a farmi credere che qualcosa di bello e prezioso potesse nascere anche dalle cose più rovinate
Mi ricordò che anche io, l’ultimo degli ultimi, potevo essere amato nonostante la solitaria rovina in cui versava la mia anima.
Cominciai a pensare che alla vita potevo dare di più. Mi diedi un obiettivo: trovare il lato bello di ogni cosa, anche quella che sembrava più cupa.
E quindi presi a osservare l’arancia sul tavolo. L’afferrai. Quanto tempo ci vuole per accorgersi del male che incombe? Era mezzo coperta di muffa.
La girai e rigirai tra le mani finché mi resi conto che, a essere annerita, non era solo la scorza, ma anche la punta delle mie dita.
Non era nera solo la scorza. Lo ero anch’io. Lo erano le mie dita. Dentro, ero una povera anima nera.
Della restrizione continua che attanagliava i miei pensieri e i miei comportamenti dicevo poco o nulla. A definirmi, con gli altri, c’erano i silenzi
Dopotutto, le parole avrebbero fatto trapelare frammenti della mia essenza che non volevo mostrare. Lati di me incompresi dal mondo.
Lasciai tutto. Lasciai il mio corpo, molle, inerme, lo lasciai schiacciare dalla gravità. Lasciai i pensieri, mi svuotai la mente. Volevo essere nuova
Così comprai il biglietto per Parigi. Solo andata. Solo io e la mia valigia nera.
Salito sul treno, trovai posto accanto a una giovane donna dai capelli rossi immersa nella lettura di un sottile libretto con la copertina in pelle.
fraste test
Frase test 2
FRASE TEST 3
Salito sul treno, trovai posto accanto a una giovane donna dai capelli rossi immersa nella lettura di un sottile libretto con la copertina in pelle.
Sembra essere molto antico e lei particolarmente presa dalla lettura. Non alza neanche lo sguardo per vedere chi si è seduto al suo fianco.
Approfitto del suo stato di rapimento letterario per accostare ancora un poco la mia sedia alla sua. Non si è ancora accorta della mia presenza.
Lei alza lo sguardo e mi osserva con i suoi grandi occhi nocciola. Sono passati così tanti anni dall’ultima volta che l’ho vista, che il tempo sembra
E quasi mi dispiaceva riportarla nel mondo reale, ma quel ragno che gli camminava lungo il collo stava per addentrarsi nella sua scollatura.
Il ragno, simbolo di fortuna scambiato spesso per cattivo presagio; Chissà quale sorte porterà alla signorina?
Successe all’improvviso e lei non potè farci niente. Rimase immobile, osservando quanto accaduto davanti a sè, senza riuscire a reagire.
Avevo un desiderio..che oggi fosse quel giorno in cui non dovrò più darti la buonanotte al telefono ma potrò finalmente stringerti, baciarti..
Quel giorno è arrivato…ma io ora ho troppa paura…ho paura che la realtà non sia all’altezza dei miei sogni.
La paura invece è sempre altissima. Mi guarda da lì sopra con intransigenza, regina indiscussa della scacchiera dei miei errori. Oggi gioco un pedone.
Se solo potessi riavvolgere il tempo all’indietro, come si fa con le pellicole cinematografiche! Un film tutto diverso, quello che vi registrerei su.
Dal basso, continuo rompendo gli schemi. Sperando che gli schemi non rompano me.
Oggi non ho paura Muovo un primo passo verso la libertà, fuori da quella gabbia in cui i giudizi e le aspettative degli altri mi hanno rinchiusa.
Una vita orrenda dalla nascita alla vecchiaia e poi, mentre implori una morte pietosa, arriva Gerry Scotti e ti urla: SORRIDI, SEI SU CANDID CAMERA!
Ho iniziato a camminare a testa alta, il mio sguardo finalmente dritto di fronte a me e non più timidamente rivolto a terra per paura del giudizio
Nessuno è perfetto. Oppure, siamo tutti perfetti a modo nostro. La perfezione è l’assenza di difetti? No. La perfezione è di marmo, non ha vita.
Noto finalmente un mondo di interesse, un mondo ricco di opportunità, posso avere il coraggio di fare ciò che mi sento senza preoccuparmi degli altri.
Ogni passo è una conquista di fiducia, il vento mi accarezza il viso mentre il coraggio danza dentro di me, liberandomi dalle catene dell’insicurezza
Rincuorato da questa nuova presa di coscienza, annuisco, ormai deciso: domani metterò in atto il mio piano.
Apro la finestra, osservo da una piccola foglia rossa che compie il percorso verso la sua metà predestinata. Si posa, ha compiuto il suo destino.
Ora tocca a me affrontarlo. L’aria fredda mi colpisce crudele, ma non posso rientrare, fra poco sarà qui. Riuscirò a vedere il colore dei suoi occhi?
Mi stringo nei vestiti mentre la pelle d’oca mi copre le braccia. Muovo la ghiaia con il piede e mi si appanna lo sguardo: non sembrano passati anni.
E invece il tempo è trascorso in fretta, ma il dolore è sempre lo stesso. In mezzo alle tombe, piango.
Il dolore mi è sembrato sempre prendersi gioco di me. Mi cullava come una madre mentre mi accoltellava tra le costole. Non potevo uscirne vincitore.
Questo sentiero è rimasto immutato, ma io non sono più la stessa. Continuo il cammino mentre il profumo dei cipressi risveglia in me ricordi lontani.
Ogni cosa intorno a me ha perso la sua essenza, è conforme al resto. Tutto è immerso nello scialbore di un cielo glaciale, immobile, attonito.
Provo a rinunciare a questa nostalgia, ma mi prevarica, mi sconfigge. Come può essere luminoso il mio futuro se solo la nebbia colora i miei giorni?
Era un vuoto. Dovevo trovare un modo per stravolgere la mia vita e tentare di ricordare i giorni in cui il mondo era solo uno splendido disastro
Il vuoto, forse, era dentro di me e non avevo nessuna certezza di cosa o chi potesse colmarlo. Lo avrei capito col tempo, nel frattempo avrei vissuto.
Ma da dove iniziare? Dovevo ritornare nei luoghi della mia infanzia, a Port Angeles. Il fratello di mio padre abitava ancora lì e poteva aiutarmi.
Piangevo mille lacrime e ancora ne avevo dentro, credevo fossero finiti quei tempi eppure eccomi qui. Iniziai a camminare per muovermi e asciugarle
Ma più camminavo e più mi rendevo conto che fin quando non avessi affrontato i miei demoni interiori le mie lacrime non si sarebbero mai calmate.
Si rese conto della cruda realtà, dei più ispidi steli sottili del campo di rose. Pensò ad una citazione “come farò ad uscire da questo labirinto?”.
Era iniziata una tempesta,dalle nuvole oculari,pioveva cristalli salati,era il diluvio universale?Un oceano,aveva inghiottito tutto,ero solo e nuotavo
Intorno a me solo acqua, nera e salata. Galleggiavo nelle mie paure, i miei dubbi, le mie ansie. E tu eri sempre più lontano.
Ero caduto in mare o stavo solamente nel panico? Quel diluvio universale appariva reale, eppure, l’universo rappresentato era solo il mio.
E come avrei potuto capirlo? Il mio universo rappresenta le cose che so, ciò che mi definisce, serve uno sforzo per uscire e guardare le cose da fuori
E tuttavia, la risposta era davanti a me: aprendomi a nuove possibilità, avrei scoperto la chiave per poter condurre una vita incredibile.
Quello che non sapevo, però, è che in questo modo avrei aperto anche quei cassettini della mente che avevo nascosto, pieni di ricordi dolorosi e paure
E ora? Scappo o rimango? No, basta. Questa volta resto e approfitto del momento per affrontare anche quei ricordi. Prima o poi sarebbe successo.
Chiudo gli occhi. Prendo un profondo respiro… Ed eccoli lì. Tutti i miei ricordi mi osservano, i loro visi sono contorti in ghigni inquietanti.
Ad un tratto le luci si spengono ed un rumore assordante di catene, urla e agghiaccianti risate rieccheghiano nella stanza. “Aiutooo”, gridai ma…
Nessuno accorreva. Possibile che nessuno si sia accorto delle mie urla? Possibile che io sia rimasto da solo in balia del mio destino? Sono perso.
Cercare una via di fuga era difficile. Avevo poco tempo e poche forze.Dovevo scappare, prima che fosse troppo tardi. Nessuno sarebbe venuto a salvarmi
Non ci pensai un istante. Iniziai a correre, il tempo era poco. Anita credeva in me, dovevo farlo per lei.
Percorsi le strade e i viottoli a perdifiato, inciampai così tante volte che sentivo le ginocchia bruciare, ma non mi fermai.
Avrei dovuto. Non sempre lo scorrere del sangue vuol suggerire ostinazione.
Mi resi conto che il sangue non è come il tempo. Il tempo, quello sì che scorre testardo, disgregando tutto. E io non volevo essere brutale come lui.
In un attimo tutto può cambia. Si vince o si perde, si resiste o si conquista; un solo secondo e ciò che era prima è acqua passata. Ma tu no, tu resti
Così, davanti al fluire del mare, ripenso a tutti gli sbagli degli ultimi anni. Cosa posso fare, ora, per tornare indietro, dove ero ancora felice?
nella natura incontaminata da mille foglie, risplende il tuo cuore, come il ghiaccio sull’acqua, che porta via ogni mia ultima speranza.
E gridando dalla terra, rivolto al freddo padre cielo quel grido primordiale che tutto muove e tutto richiama….io esisto.
Vivo, respiro. Sono aria del cielo e terra di bosco, sono fuoco che scoppia e vento che sferza. Sono acqua e mi trasformo, fluisco, scorro.
IO ESISTO! Scoppiò in una fragorosa risata. Chissà quali altre cose esistevano, oltre quel cielo. Lanciò una moneta per scegliere da cosa iniziare.
Ma la moneta cadendo, di taglio si poggiò, così l’indecisione lo attanaglio e il nostro eroe, in un nuovo dubbio esistenziale sprofondo.
Quella risata lo colpì in faccia più forte di un pugno … ma allo stesso tempo l’angoscia che gli stringeva la pancia sembrò sciogliersi come neve,
E se eroe io non fossi, ma creatura di rabbia che con gesti gentili placa la sua ira.
Allora ti metterei in guardia e ti direi di allontanarti perché, prima o poi, la mia vera natura prenderà il sopravvento.
Mentre pronunciava queste parole, i suoi occhi erano spaventati. Aveva il terrore di qualsiasi cosa si nascondesse dentro di sé, e che potesse uscire.
A volte sentiva davvero qualcosa nuotare dentro di lui. Come un drago che protegge il proprio castello, quella cosa stava a guardia della sua anima.
Era fatta così, era sempre stata così: piccola, timida e paurosa. Odiava sentirsi in quel modo e soprattutto detestava l’idea di non poter cambiare.
Salí sul tetto di casa e guardò il tramonto, lasciandosi trasportare dai pensieri. “Chissà se mai sorgerà un sole nuovo anche per me”, si ripeteva.
Ma come si dice, non sai quanto sei forte finché essere forte non è l’unica opzione che ti resta. E infatti, quel che le accadde la cambió per sempre.
Ma come poteva cambiare intrappolata in questa realtà fatta di apparenze, menzogne e un vuoto emotivo incapace di costruire qualsiasi cosa?
Si rimboccò le maniche e decise di cambiare. Con un nodo in gola si allontanò da quel posto che le aveva , per tanti anni, tarpato le ali.
Finalmente era libera, con un nodo in gola, ma libera.
Non c’era nulla di sicuro nella sua vita, però era felice perché per essere felici bastano le piccole cose che accadono di giorno in giorno.
Si voltò e riprese la strada verso casa. Sarebbe passato dal parco, quel parco che lo accoglieva da sempre nei momenti più belli e in quelli peggiori.
Si voltò e riprese la strada verso casa. Sarebbe passato dal parco, quel parco che lo accoglieva da sempre nei momenti più belli e in quelli peggiori.
Si voltò e riprese la strada verso casa. Sarebbe passato dal parco, quel parco che lo accoglieva da sempre nei momenti più belli e in quelli peggiori.
Dentro questi piccoli attimi non c’è solo felicità, ma molto di più. Attimi costruiti su dolore e sudore. Dolore e sudore che permeano la vita.
E se del dolore non ne traiamo bellezza, cosa ne sarà di tutte le lacrime spese? Sofferenza fine a se stessa. Questo mai, non posso permetterlo. Mai.
E voglio fare di ogni mia ferita una fessura da cui spiare il mistero di me. Mi celo a me stessa da quando sono nata, mi manco, mi cerco da sempre.
Ma non mi trovo. Vedo ma non mi vedo , ascolto ma non mi ascolto. Scappo e mi nascondo ,è quello che so fare bene.
Io a volte ci sono, ma non ci sono. Mi estraneo spesso da questo frastuono. “Una bella capacità” Obbligatoria, per chi soffre d’ipersensibilità!
Quando ci sono, tuttavia, rimpiango il momento in cui non c’ero. E quando non ci sono, che desiderio irrefrenabile di tornare ad esserci!
Così la vita mi scivola via come la sabbia tra le dita che, granello dopo granello, torna a mescolarsi nell’immensa spiaggia dei sogni mai spenti.
Nel risveglio, improvviso e inaspettato, mi ritrovo ancora nella vasca da bagno di questa piccola e odiosa camera di hotel. Finirà mai questo incubo?
Nel risveglio, improvviso e inaspettato, mi ritrovo ancora nella vasca da bagno di questa piccola e odiosa camera di hotel. Finirà mai questo incubo?
“Ci vuol fortuna nella vita” mi ripetevano e difatti io non potevo constatare la realtà dei fatti:se fossi stata fortunata avrei ancora mia madre qui
Resterò ancora qui, nuda a piangere aspettando che passi il vento, mio consigliere premuroso
E mentre io osservavo senza capire la sua luce si è impossessata pian piano del mio cuore
Sarà distante qualche centinaia di metri. Il suo corpo intrappolato in un minuscolo pezzo di stoffa era imperlato di sudore e luccicava sotto il sole
Sembrava una bambola della notte e contrastava col paesaggio circostante. Credevamo di essere in un sogno.
Era tutto così irreale…
Il cuore ha un potere immenso: quando si apre il mondo cambia e tu non puoi farci nulla. È un muscolo involontario perché noi viviamo la sua volontà.
Elogiar il cuore quando il vero dio che tutto muove é il cervello! Dalla necessità di minzione al pensiero filosofico: Nasce tutto da quell’universo!
E siamo piccoli e siamo immensi. E siamo mortali e siamo eterni. Gioiamo, annaspiamo, ridiamo, piangiamo… semplicemente scorriamo.
Mentre guardo la luce che filtra dai minuscoli fori della serranda ripenso alle sue parole, “lascia scorrere”. Lo sto facendo cara, sto scorrendo.
Non e’ sempre facile lasciare che la vita semplicemente scorra, quando nella mente e nell’ anima si accumulano pensieri, tristezze ed incertezze.
Ma a volte mi ritrovo a leggere per l’ennesima volta il tuo ultimo messaggio “Cercami sotto la Croce del Sud”. Dove sei, amore?
La mia mente è a pezzi. Un dolore che so di meritare. Lo annegherò nei miei versi
Il cambiamento stava arrivando, sentiva crescere il potere dentro di lei e con quello avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.
Ma vicino a tanta forza, risalta tanta debolezza. Ora che non c’era nulla che non potesse fare, si chiese se ci fosse qualcosa che ne valesse la pena.
Immaginava di stravolgere la sua vita come mai aveva fatto prima. La rinascita l’aspettava dietro l’angolo, avrebbe solo dovuto allungare la mano.
Ciò che cambiò non fu tanto l’aspetto esteriore, che anzi si poteva dire invariato, quanto piuttosto la conformazione e percezione della sua anima
L’anima diventò pura e si tinse di un rosso amaranto, iniziò a brillare e sprigionare una potente luce
Il pianeta assunse uno alla volta i colori dell’arcobaleno, così nacque una nuova specie, non umana ma astrale. Come in cielo così in terra.
Ed è così che il presente sembra fugace e un’illusione, il futuro una visione assente e nulla, e il passato un tormento.

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